A poco più di una settimana dal disvelamento del Flautista di Savoldo e nell’imminenza dell’apertura di “Il Rinascimento a Brescia. Moretto, Romanino, Savoldo. 1512-1552”, Comune di Brescia, Fondazione Brescia Musei e SA Finance presentano oggi lo Stendardo dei Disciplini di Moretto al termine del restauro realizzato dallo Studio Marchetti e Fontanini di Brescia. Sarà l’ultima opera a raggiungere le sale di Santa Giulia, completando l’allestimento ormai in corso da una decina di giorni e che ha visto importanti capolavori giungere da numerose sedi italiane, europee e d’oltreoceano.
Un restauro importante reso possibile grazie contributo di SA Finance, che in qualità di Art Conservation Partner ha consentito di restituire piena leggibilità a quest’opera che, dopo oltre tre secoli, tornerà in città per la mostra Il Rinascimento a Brescia. Moretto, Romanino, Savoldo. 1512–1552.
Un’operazione significativa, tanto più significativa nella sua connessione alla mostra dedicata al Rinascimento: un progetto volto alla narrazione e alla valorizzazione di un passato che ha contribuito fortemente a delineare i tratti identitari della città e che come tale ha visto importanti realtà imprenditoriali (e non solo) del territorio impegnarsi a sostegno della sua migliore riuscita.
L’opera, abitualmente conservata nel Tempio canoviano di Possagno, appartenne allo scultore Antonio Canova, che aveva deciso di destinarla al grandioso tempio che voleva edificare nel suo paese natale. Per quanto è possibile ricostruire, le vicende dello Stendardo sono legate a doppio filo a quelle della grande tela anch’essa di Moretto raffigurante la Madonna del Carmelo oggi conservata alle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Dal 1810 si trovavano infatti entrambe nella potestà di Antonio Canova, che attestava di averle acquistate a Roma, presso la famiglia Ottoboni. L’unica traccia che da Roma potrebbe ricondurre a Brescia è costituita al momento dalla notizia che Pietro Ottoboni fu vescovo di Brescia dal 1654 al 1664 e che quindi in quell’epoca avrebbe potuto entrare in possesso dei due dipinti per poi portarli a Roma, dove custodiva una importante collezione e dove divenne papa con il nome di Alessandro VIII.
Negli inventari della sua raccolta sembra di trovare positivi riscontri, a cominciare dal fatto che un’esplicita menzione di Moretto (benché seguito dalla specifica “da Bergamo”) tra i pittori registrati fa pensare che Ottoboni avesse fatto acquisti durante la sua permanenza a Brescia. In particolare, nei documenti sembra di poter riconoscere con certezza la tela ora a Venezia; più difficile riconoscere con precisione lo stendardo, che probabilmente nella quadreria era appeso a parete e quindi visibile su un solo lato.
Lo stendardo non risulta menzionato in nessuna delle antiche fonti bresciane a oggi riscontrabili, mentre la Madonna del Carmelo è attestata nel Seicento in una cappella della chiesa del Carmine, alla quale ricondurrebbe anche un’iscrizione posta su un cartiglio, nella quale si fa menzione della “Scuola” (o confraternita, o disciplina) della Beata Vergine del Carmelo, che aveva un proprio altare presso la chiesa. La comune storia collezionistica delle due opere, le affinità iconografiche e stilistiche e il riferimento all’ambiente carmelitano portano a ipotizzare che anche lo Stendardo potesse appartenere alla Disciplina del Carmine.
clicca qui
L’intervento di restauro era presupposto necessario per l’esposizione in mostra poiché l’opera – le cui condizioni di conservazione erano sicuramente stata influenzate dall’utilizzo nelle processioni – era stata nel tempo ampiamente rimaneggiata e presentava ritocchi molto estesi e suture molto invasive degli strappi, oltre a una generale deformazione determinata dalla sovrapposizione di colle e di vernici.
L’intervento condotto da Luisa Marchetti ha consentito di restituire piena leggibilità alla pellicola pittorica originaria, recuperando i valori colorisitici e luministi della creazione morettesca e restituendo planarità alla tela che ora risulta pienamente leggibile.
Lo stendardo sarà uno dei capolavori che, nella mostra dedicata al secolo d’oro della pittura bresciana, illustreranno la sezione dedicata alla devozione, incentrata in particolare sulle pratiche e sulle attività delle confraternite e sulle inquietudini spirituali, che, sulla scorta del movimento della riforma protestante e della penetrazione in Italia del pensiero di Erasmo da Rotterdam, furono oggetto di particolare attenzione da parte della Chiesa e della comunità bresciana, per essere poi rielaborate nel Concilio di Trento.
Conclusa la presentazione del restauro, l’opera è chiusa nella cassa e parte per il Museo. Sarà possibile vederla dal 18 ottobre, quando la mostra aprirà al pubblico. Ci vediamo, quindi, a Santa Giulia!
Mi pare davvero assai significativo che un’opera, già ambasciatrice nel mondo del nostro territorio bresciano – nel Seicento a Roma con papa Ottoboni e poi nell’Ottocento con Antonio Canova nelle Venezie – possa oggi ritornare a essere oggetto delle attenzioni della critica d’arte e della comunità nell’occasione di una mostra temporanea di straordinaria qualità per ricerca scientifica. Lla responsabilità delle istituzioni come Fondazione Brescia Musei è proprio quello di fungere da attivatori del recupero e della valorizzazione del nostro patrimonio identitario, attraendo il contributo determinante di privati animati da mecenatismo, come SA Finance, oltre che delle pubbliche Istituzioni. Meglio ancora se ciò coinvolge anche il settore produttivo, nell’occasione rappresentato dalle imprese del restauro cittadine che sono una eccellenza nel mestiere d’arte, come è il caso dello Studio Marchetti e Fontanini. Per questo motivo abbiamo desiderato concludere l’attività di lancio del maestoso progetto dedicato al Rinascimento bresciano con la presentazione di questo emblematico restauro. Ancora più emblematico se ricordiamo che questa opera, dopo la sua esposizione in mostra a Santa Giulia, tornerà a Possagno presso il Tempio Canoviano, insieme plastica rappresentazione di un ponte culturale tra le nostre Istituzioni e auspicio che in futuro le relazioni con Possagno si possano consolidare ulteriormente.
Francesca Bazoli, Presidente Fondazione Brescia Musei
L’impresa è parte di una comunità. Esiste ed ha valore in quanto esiste la comunità. Questo impone ad ogni impresa un ruolo attivo: SA Finance restituisce alla società un’opera d’arte, finanziandone il restauro. L’impresa, che viene generata da un contesto, deve inevitabilmente condizionarlo e da esso farsi condizionare. È un rapporto quasi “fisico” quello che lega impresa e comunità: più un’impresa riceve una spinta dal contesto, più è in grado di influire su esso. Quale migliore modalità di “condizionamento” dell’arte? Riportare e restaurare proprio a Brescia quest’opera del Moretto rappresenta un passaggio emblematico: da bresciani ci rende orgogliosi, sia perché l’opera può tornare “a casa” dopo circa 350 anni, sia perché proprio “a casa” ritroverà l’antico splendore. La capacità del Moretto, ma anche quella di chi restaura, oltre che la passione, la competenza, la dedizione e il prendersi cura rappresentano analogie molto forti con quello che in SA Finance pensiamo sia il modo di “fare impresa”.
Paolo Carnazzi, Presidente SA Finance
L’intervento di restauro dello Stendardo della Madonna della Misericordia, ultimato nei giorni scorsi dalla restauratrice bresciana Luisa Marchetti, rappresenta un’operazione estremamente importante, che consentirà di ammirare questa importante tela del Moretto in tutto il suo splendore all’interno della mostra Il Rinascimento a Brescia. Moretto, Romanino, Savoldo. 1512 – 1552. Un ringraziamento va quindi ha chi ha realizzato questo lavoro di restauro – lo Studio Marchetti e Fontanini – e a chi lo ha reso possibile: Fondazione Brescia Musei e Art Conservation Partner SA Finance, che ha contribuito in maniera importante a sostenere le spese necessarie per portare a termine un intervento così accurato e delicato.
Francesco Tomasini, Consigliere comunale con delega alle Attività culturali